Sembra banale e quasi scontato domandarsi “Cos’è il Web 2.0” e quali sono gli strumenti che ci mette a disposizione, eppure la risposta non sembra tanto ovvia e immediata: ognuno dice la sua, si dice tutto e niente, ma la verità è che una definizione univoca e definitiva non è ancora stata trovata. Il motivo è facile da intuire: il web 2.0 è un modo di intendere il web, di usarlo, di avvalersi dei suoi strumenti in un’ottica innovativa, di sfruttare le tecnologie in modo maggiormente produttivo. Strumenti e tecnologie restano immutati: quello che cambia è il modo di usarli e di rimescolarli al fine di “creare” qualcosa di più funzionale.
L’idea nacque durante una conferenza tra O’Reilly e MediaLive International, nel corso di un brainstorming e da allora è sempre stato utilizzato come sinonimo di “nuovo Internet”, la cui più grande innovazione consiste nella dinamicità che lo permea, in contrapposizione alla staticità che caratterizzava il web 1.0: con il web 2.0 è possibile integrare, modificare, creare contenuti partendo da zero o rimescolando contenuti già esistenti, giungendo sempre a un risultato nuovo e originale, come tanti tasselli da unire e disunire in modi sempre diversi.
Per fare un esempio di questa dinamicità: mi basta girare un video con il mio telefonino mentre un mio amico fa un tuffo da uno scoglio altissimo nel mare, tanto per dire una qualsiasi altra situazione o azione; dopo averlo girato, a prescindere dalla qualità del video, posso inviare a YouTube il video e posso postarlo anche sul mio blog, magari ospitato da Blogger. Nel frattempo con un tweet su Twitter ho immortalato l’evento con una frase, anch’essa pubblicata automaticamente anche su Facebook, o un altro social network, in modo tale che tutti i miei amici, anche quelli distanti chilometri o addirittura di altre parti del mondo, possano vedere il mio tuffo e commentarlo. Se il video piace, perché risulta originale o divertente o interessante, sarà visto e più voti avrà più salirà nella classifica, aumentando la sua visibilità all’interno della blogosfera. Quello che ho generato è una catena potenzialmente infinita che farà il giro del web e del mondo.
Non si deve assolutamente pensare che questo esempio del video non riguardi anche coloro che hanno un ecommerce o un’altra attività da promuovere. Il video del mare così condiviso e commentato dal popolo del web è proprio il risultato che i marketer di tutto il mondo cercano ogni giorno di raggiungere con i video promozionali dei prodotti che pubblicizzano: quando ci riescono si dice che il video è virale e la “disciplina” (tra virgolette perché ancora non è assurta a tale rango) che studia il fenomeno e cerca di applicarlo al marketing si chiama viral marketing.
Naturalmente, anche qualora il video o una qualsiasi altra campagna promozionale non fossero virali, occorre ricordare che, proprio tramite questi strumenti del Web 2.0, gli utenti sono sempre più invogliati a esprimere apertamente la propria opinione e la loro esperienza riguardo a un determinato marchio: cosa che, appunto, può rappresentare un vantaggio quando l’utente è soddisfatto, ma anche un grave danno di reputazione.