Prende il nome di Marketplace Fairness Act la proposta di legge che sta scatenando, in America, numerose e accese polemiche. L’atto potrebbe presto rivoluzionare l’e-commerce a stelle e strisce, costringendo i proncipali retailer online a imporre e raccogliere tasse sulle vendite via Internet.

Una proposta di legge che ha diviso l’opinione politica e pubblica: al momento, infatti il la proposta è passata solo a metà; il Senato USA l’ha approvato con 69 voti a favore contro 27 sfavorevoli, ma alla Camera l’opposizione si mostra compatta contro ogni forma di tassazione. Sarà, quindi, merito della Camera se la proposta si arenerà sui banchi dei deputati.

La proposta è però fortemente sostenuta dal Presidente Barack Obama: la sua firma potrebbe significare un drastico cambiamento delle carte in tavola nel settore dell’e-commerce che, lo scorso anno, ha generato ben 225,5 miliardi di dollari di giro d’affari.

Il Marketplace Fairness Act dovrebbe coinvolgere tutte le società online aventi almeno un milione di dollari di fatturato generato fuori dal proprio stato di appartenenza (tali società ammonterebber, secondo uno commissionato da Amazon, a 7,500 circa).

Le aziende dovranno cominciare senza indugi a riscuotere le imposte e spedire assegni agli erari statali, a seconda di dove abbiano effettuato la vendita al consumatore. E la riscossione sarà ampia: soltanto quattro stati americani su 50 non hanno una “sales tax“. Ad oggi la tassa sulle vendite online viene invece pagata unicamente se l’azienda ha una sede fisica nello stato dove avviene l’acquisto.

Contrari Vs Favorevoli
I fautori della legislazione la rivendicano come necessaria a trattare tutte le aziende allo stesso modo sotto il profile fiscale, a garantire una concorrenza leale senza penalizzare i retailer tradizionali che devono sempre fare i conti con imposte sulle vendite. E in tempi di austerity non disdegnano affatto il gettito fiscale che può generare per le finanze locali. I critici vedono invece un danno per le nuove società online, soprattutto di piccole dimensioni, che dovranno sostenere ingenti costi amministrativi anche solo per adeguarsi al mandato di diventare “esattori delle tasse”. Tanto più considerando che le imposte da rastrellare sono diverse per i diversi stati. I repubblicani più conservatori avanzano inoltre un’obiezione politica: per come è stata concepita, temono che la legislazione apra la porte a eccessive intrusioni e controlli del governo e della burocrazia nel settore privato. Tra i “big” del settore, Amazon è diventato favorevole alla proposta, ritenendo che possa eliminre elementi di incertezza futura e rappresentare un segno di maturità dell’e-commerce; contrario invece eBay, che ha denunciato l’effetto di gelo che avrebbe sulle schiere di venditori che si servono del suo sito e servizi.

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