A cosa serve, quando arriva in Italia e a chi sarà applicata la web tax? Tanti gli interrogativi e i dubbi su questa proposta di legge presentata alla Camera il 6 novembre 2013 da Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera e promotore dell’emendamento alla Ddl Stabilità 2014.
La nuova “web tax” servirà a combattere il dumping fiscale, ossia la concorrenza sleale che le piattaforme dell’ e-commerce stabilite all’estero fanno verso gli imprenditori italiani che agiscono nello stesso settore.
Con una modifica alla legge (Dpr 633/72) in materia di soggetti Iva, si introduce l’obbligo per i committenti di servizi online di poter acquistare solo da soggetti in possesso di una partita Iva italiana. In questo modo i soggetti passivi d’imposta (i committenti di servizi online) non potranno più sfuggire al prelievo italiano su questi stessi servizi. Ma con un cambio di prospettiva. Come spiega Boccia, l’obiettivo primario è far pagare le tasse ai big del web non obbligandoli ad avere una partita Iva, ma piuttosto obbligando i soggetti che vogliono fare pubblicità in Italia e vendono i loro prodotti sul mercato italiano, anche online, ad acquistare da un soggetto che ha partita Iva in Italia. L’obbligo di rivolgersi a un soggetto con partita Iva non si limita al solo commercio elettronico ma anche all’acquisto di spazi pubblicitari dei link sponsorizzati che appaiono sulle schermate e sulle pagine dei motori di ricerca. Questi spazi pubblicitari, dunque, potranno essere venduti esclusivamente da editori, concessionarie pubblicitarie o motori di ricerca in possesso di regolare partita Iva italiana.
La tax dovrebbe colpire significativamente i due grandi colossi Google e Amazon, ma non solo. la tassa riguarderebbe altri ambiti, quali il poker on line e altri giochi sul web, le cui piattaforme sono per la maggior parte all’estero.La concorrenza sleale si estrinseca nel fatto che i soldi vengono fatturati in Italia, ma poi vengono pagate le tasse in Irlanda o in Lussemburgo, due dei Paesi con aliquote molto più contenute rispetto delle nostre.
In attesa che si giunga ad una integrazione della disciplina a livello fiscale, l’Esecutivo vuole agire nell’interesse delle nostre imprese. Intano è già cominciato il valzer delle cifre: secondo uno spartito il possibile gettito sarebbe da quantificarsi in soli 50-60 milioni €, mentre da cori interni alla Commissione ma si tratterebbe di svariate centinaia di milioni di euro. Entrate che in ogni caso potrebbero concorrere ad alleggerire il cuneo fiscale.