RETURN TO PLAY – Intervista a Giuseppe Vercelli

17 Apr 2020 | L'Italia che ci piace

In questo video intervistiamo il Professor Giuseppe Vercelli, psicologo e psicoterapeuta, nonché esperto della prestazione sportiva.
Docente di psicologia sociale e psicologia dello sport, responsabile dell’area psicologica della Juventus.
Ha fatto cinque Olimpiadi come psicologo del Coni, più altre due come consulente. Nonché rappresenta, come psicologo dello sport, ben 5 Federazioni. Autore di numerosi libri.
La prima cosa che chiedo è “Caro Professore, come stai vivendo questo momento?

Giuseppe

Grazie Lodovico per questa bella introduzione.
Quando si è in questa condizione siamo tutti uguali. Ed allora la competenza individuale deve servire per capire meglio come possiamo usare questo momento.
Io lo sto vivendo, devo dirti, bene. Per certi versi, un po’ come per tutti, all’inizio, la qualità della vita possiamo considerarla addirittura migliorata perché ci ha permesso di stare più con noi stessi e con la nostra famiglia.
È chiaro che dopo questo momento iniziale di euforia, perché la situazione era nuova, inaspettata, forse anche desiderata, poi bisogna sapersi organizzare. Bisogna cambiare il proprio metodo e le proprie relazioni.
Vuol dire che, siccome una delle parole più utilizzate è proprio “cambiamento” e tutti stiamo parlando di cambiamento, ci dobbiamo ricordare che un cambiamento, per essere tale, necessita proprio di queste due istanze:

  • Riconoscere un nuovo metodo che noi mettiamo in atto per gestire la nostra giornata, il nostro lavoro, la nostra quotidianità;
  • E cambiano le relazioni.

Quindi questo vuol dire che, dal punto delle relazioni, ovviamente sono diventate tutte più virtuali, però mi sento di dire che, sebbene abbiamo perso un po’ di fisicità, cambiarle in meglio significa cercare un po’ più di umanità, cioè mettersi in una condizione maggiormente empatica.
Anche da lontano possiamo aiutare con una parola, con un pensiero, persone che sappiamo essere più in difficoltà. Questo per quanto riguarda le relazioni.

Per quanto riguarda il metodo, invece, chi non si sa organizzare viene penalizzato da questo virus che potremmo chiamare quasi un “virus della verità” perché tutto quello che non è così solido rischia di crollare. Per esempio, quando abbiamo a che fare con persone o con situazioni che non sono così strutturate, certo che una prova di questo tipo le può fare crollare definitivamente.

Lodovico

Ecco, visto che tu sei esperto di prestazione sportiva e hai costruito negli anni il metodo S.F.E.R.A, come si comportano tutti i grandi atleti con cui tu hai avuto a che fare o le squadre con cui tu lavori?
Che tipo di approccio hanno sul momento e come si preparano per una ripresa?
Peraltro, è stata anche rimandata l’Olimpiade di Tokyo e quindi chi ha lavorato per quattro anni per prepararsi per quel momento probabilmente ha degli scompensi.

Giuseppe

Si, esatto. Allora, direi di fare una distinzione.
Da una parte ci sono le Federazioni, ci sono gli sport pronti per andare a Tokyo e che adesso sono stati messi in attesa di un anno, e dall’altra c’è una grande squadra di Torino che è la Juventus.
Devo dire che entrambe queste realtà, quindi il Coni e la Juventus, fin da subito hanno cercato di mettere in atto un cambiamento funzionale alla ripresa e quindi hanno lavorato fin da subito, e stiamo lavorando quotidianamente, sul cosiddetto “Return to Play” quindi il momento in cui ritorneremo in campo.

Lodovico

A bello! Spiegaci questo concetto!

Giuseppe

Si, volentieri. Parto da Juventus, se vuoi, che è una realtà molto complessa e proprio per questo abbiamo fatto subito delle riunioni via Skype, virtuali quindi, per capire come gestire sia l’informazione all’interno del club, sia per dare istruzioni ai calciatori che magari sono in giro in diverse parti del mondo, come sappiamo, affinché possano continuare ad allenarsi dal punto di vista fisico, quindi con gli esercizi, ma anche dal punto di vista mentale.
Quindi magari con delle domande o semplicemente con una presenza costante da parte del team che in qualche modo attiva un monitoraggio sullo stato di salute e di benessere, anche semplicemente con un messaggio.
Ma soprattutto come staff stiamo lavorando per costruire il ritorno in campo nel modo migliore possibile. E questo lo si farà come se si dovesse rientrare dopo un infortunio. Quindi immaginiamo di esserci fermati per un po’ di tempo in seguito di un infortunio e sappiamo che, per esempio, prima della ripresa della partita, per fare una partita ufficiale,
avremo bisogno di quattro settimane di tempo: quindi noi oggi stiamo preparando quelle quattro settimane di allenamento che poi faremo tutti insieme in campo quando si ritornerà.
Per quanto riguarda le federazioni, quindi gli altri sport, è più o meno la stessa cosa. Chiaramente è più semplice, perché il gruppo è più compatto. Però devo dire che c’è da tutti quanti un grande impegno e una grande volontà di tornare presto sul campo.

Lodovico

A chi pratica invece dello sport a livello dilettantistico e non può
avvalersi di uno psicologo o di un team di psicologi come le grandi squadre, che consigli dai?

Giuseppe

Di usare la creatività, esattamente come quando un bambino a casa si annoia: è necessario che ci si annoi per poter sviluppare creatività e quindi chiaramente questo sarà un periodo in cui la noia ci farà compagnia però, se ci facciamo caso, sono proprio quei momenti di noia che ci permettono di trovare soluzioni geniali e inaspettate su come utilizzare magari un angolino della casa per fare un’attività motoria diversa e quindi ognuno deve considerare la propria casa, piccola o grande che sia, come un territorio nuovo da esplorare sapendo che le soluzioni per stare meglio con se stesso e per raggiungere l’obiettivo sono a portata di mano.
Faccio un esempio: c’è qualcuno che gioca a golf che ha messo un materasso contro una parete e tira le palline contro quel materasso; altri che hanno attrezzato il loro box, il loro garage, per simulare una parete di arrampicata e così via.
Quindi ogni angolo può essere riutilizzato con creatività.

Lodovico

Quindi sfogo alla fantasia, in sostanza!
Perfetto. Poi un’altra tua fonte di studi da anni è l’anti-fragilità che nasce dal libro di Nassim Taleb, il famoso “Cigno Nero”.
Mai come oggi si sta parlando di questa malattia come “Cigno Nero”.
Come la vedi e che tipo di soluzioni intravedi?

Giuseppe

Allora, come sempre, come leggiamo sui giornali, rispetto ad un evento di questo tipo tutti quanti dicono: “questa è un’occasione per trasformare un limite in un’opportunità” quindi sappiamo che chiaramente la storia ci insegna questo.
Non possiamo sapere quando finirà questa pandemia, non possiamo sapere quali saranno le reali conseguenze però, dal punto di vista mentale ci possiamo preparare. Possiamo prepararci facendo riferimento a cosa la storia ci ha insegnato nelle crisi passate e, in estrema sintesi, possiamo allenarci a usare il “mindset anti-fragile” cioè un’attitudine mentale che davvero mi permetta di fare questa operazione che non è solo uno slogan. Cioè la trasformazione di un limite in opportunità.
E come si fa a fare questo?
Intanto per anti-fragilità intendiamo l’esatto opposto di fragilità, cioè non la resilienza, che è una dimensione intermedia, perciò, se io sono resiliente, resisto e torno uguale a me.
Questa esperienza che stiamo tutti vivendo non ci vuole far tornare uguali a noi stessi ma possiamo davvero averne un vantaggio.
Per averne un vantaggio dobbiamo considerare che l’ostacolo è un nostro alleato, l’imprevisto, volatilità sono un nostro alleato.
Come allenarci a fare questo? Attraverso quattro dimensioni che sono quelle che mi permettono di essere anti-fragile cioè di saper fare quest’operazione.

Lodovico

E quali sono le 4 dimensioni?

Giuseppe

Questa è la domanda giusta!
In estrema sintesi, per non annoiarvi ma portarvi qualche spunto, la prima componente di anti-fragilità, cioè di questo stato mentale utile a trasformare un limite in un’opportunità, è la capacità di adattarsi in modo proattivo. Questo vuol dire semplicemente essere consapevoli che mi trovo in una situazione nuova, ed è un dato, non posso farci nulla, e quindi metto in atto delle soluzioni.
La seconda caratteristica invece è l’utilizzo della cosiddetta “evoluzione agonistica” – io sto parlando in termini tecnici ma vi spiego in modo molto semplice, spero di riuscire a farlo – vuol dire che sento una spinta dentro di me a modificare ed evolvere verso una nuova
Dimensione. Normalmente non la ascolto ma in questa situazione devo riuscire ad ascoltarla e devo riuscire a mettermi in viaggio su una strada nuova anche se l’obiettivo non è così certo.
Quindi potrei anche non arrivare all’obiettivo che io ho in mente ma semplicemente percorrere quella strada è utile. Quindi, per fare un esempio pratico, in questo momento posso esplorare nuovi territori, darmi possibilità diverse.
Terzo componente dell’anti-fragilità la capacità di posizionarsi
rispetto alle emozioni in due posizioni alternate quindi se io vivo un’emozione posso viverla da dentro, quindi entrarci profondamente dentro, oppure posso mettermi una posizione “meta” cioè come se osservassi quello che sta accadendo.
L’opportunità di usare questa modalità ce l’abbiamo tutti i giorni perché, di fronte ai bombardamenti mediatici, per esempio sui dati, possiamo entrare in empatia con quello che ci viene comunicato oppure possiamo metterci in una posizione di osservazione in modo alternato
scegliendo che cosa ci serve di più in quel momento.
L’ultima componente è quella più potente e che in questo momento interviene in modo veramente molto molto forte, cioè la capacità di distruggere in modo consapevole, cioè di eliminare quello che non ci servirà più. È per questo che prima ti dicevo che considero questo virus come il “virus della verità” perché solamente quello che servirà davvero verrà mantenuto. Non ci sarà più spazio per i bluff oppure per le cose che adesso diventano inutili.
Questa inutilità riguarda ognuno di noi, no? Ognuno di noi ha delle cose di cui si vuole liberare: da un rapporto, magari personale, che non serve più; a cose materiali oppure ad una situazione lavorativa.
Quindi, sicuramente, questa capacità di eliminare ci sarà molto molto utile e sarà anche necessaria.

Lodovico

Poi, visto che tu, come psicologo della prestazione, non lavori solo nel mondo dello sport ma annoveri anche tra le maggiori società italiane, come si stanno comportando gli imprenditori che si trovano da un lato un problema economico, e quindi hanno la necessità di salvaguardare l’asset aziendale, ma l’altro asset importante nelle aziende è il capitale umano, cioè le persone, che si trovano sballottate oggi, per chi non l’ha mai fatto, con lo smart working e con delle prospettive e molta ansia per il futuro.

Giuseppe

Si, guarda, io mi sto confrontando ovviamente con manager e imprenditori in questo momento e torna sempre la parola chiave che è “leadership”.
Quindi ci sarà bisogno di un nuovo modello di leadership basato principalmente su tre caratteristiche; diciamo che questo momento un po’
paragonabile ai momenti di successione aziendale, quando cambia una
generazione, quindi quando il fondatore magari si ritira o scompare, e subentrano i figli, se parliamo di piccola/media impresa o comunque della situazione italiana abbastanza tipica.
Quindi, nei momenti di crisi relativi alla successione, deve cambiare per forza il modello di leadership.
Nel nostro caso, quindi in seguito a questa pandemia, la leadership sarà sicuramente più di tipo “battistrada” quindi la capacità di prevedere e di andare avanti cercando di immaginare il futuro; poi ci sarà una dimensione più “partecipativa” cioè l’imprenditore, il manager, avrà maggiormente la consapevolezza che se non a tutte le soluzioni lui ce le ha il suo team di riferimento. Ed infine ci sarà più bisogno di un leader autentico autorevole e c’è una diversità tra autenticità e sincerità.
Sono due cose leggermente diverse.
Io credo che ci sarà veramente bisogno di autenticità.
Faccio questo esempio per capire la differenza su come agirà il leader: un esempio un po’ tragico ma, per capirci, immaginiamo che un paziente vada da un medico e, dopo aver guardato la cartella clinica, il medico sincero gli dice “guardi, lei a tre mesi di vita”. Il medico autentico invece gli dirà “forza, mettiamocela tutta, usiamo le nostre capacità per vivere giorno per giorno al meglio”.
Ecco, ci sarà bisogno di un leader autentico quindi, che sappia fare questa operazione nello stimolare le risorse interiori.
E poi, un’altra caratteristica importante, sarà quella di immaginare:
immaginare quello che io voglio. E questo lo posso fare fin d’ora, quindi, l’allenamento mentale migliore che io posso mettere in atto è proprio la capacità immaginativa.

Lodovico

Devo dirti che su quello che tu mi stai dicendo mi sta sorprendendo in questo momento un parallelismo tra gli anziani che sono i più colpiti dal virus, ma anche gli anziani, capitani di industria, che in questo momento stanno dando l’esempio.
Penso ad un Giorgio Armani fotografato mentre mette a posto una vetrina o assume le decisioni; un Leonardo Del Vecchio; a Torino, un Alberto Lavazza; allo stesso Silvio Berlusconi che ha fatto una donazione personale per costruire il nuovo ospedale in fiera. Cioè tutti giovanotti ultraottantenni che hanno dimostrato e messo in campo nel modo più semplice e più efficace la loro leadership.

Giuseppe

È un bellissimo esempio. Infatti, da queste situazioni, se ne esce grazie all’esperienza. Questi grandi imprenditori, manager, sicuramente grazie alla loro esperienza, sanno reagire in modo corretto e giustamente danno l’esempio. Forse sarà un po’ diverso invece per i teenager di oggi: per loro, questa pandemia, sarà un momento di svolta storica quindi
sicuramente impatterà molto di più su di loro rispetto a persone che hanno dai 40 anni su che potrebbero in modo abbastanza rapido riadattarsi da una situazione nuova.

Lodovico

Beh, i giovani avevano già un problema se non erano molto qualificati all’accesso al lavoro; presumo che oggi diventerà ancora più complicato.

Giuseppe

Sì, anche qui si tratta di trasformare un limite in un’opportunità e giustamente essere “smart” sarà una competenza necessaria, sarà fondamentale.

Lodovico

Ecco ma ti che consiglio dai, giustappunto, ai giovani o alle loro famiglie? Io a mia figlia che è bloccata a Parigi e a cui hanno sospeso lo stage, quello che sto dicendo è di non perdere tempo nonostante questo periodo di fermo in casa, ma di utilizzarlo al meglio per costruire il futuro.

Giuseppe

Sì, sì, certo. Sono perfettamente d’accordo con il tuo suggerimento che vorrei contestualizzare riprendendo il concetto di “immaginazione”
che è diverso dal “pensiero”.
Cioè in questo momento siamo bombardati di informazioni, noi come loro.
Io vedo mio figlio che controlla sempre sull’app qual è il livello di evoluzione della pandemia e quindi poi me lo comunica eccetera.
Però stare in questo tipo di pensiero non fa altro che farmi girare
in tondo mentre se io mi voglio allenare al meglio devo invece riattivare quella capacità immaginativa che mi permette di, per esempio, rivedermi nella condizione ideale quando tutto sarà in questa nuova normalità e poi, da quella situazione desiderata, tornare indietro. Un po’ come fa uno scalatore quando deve arrivare sulla vetta di una montagna: non parte, come possiamo immaginare, dal campo base e arriva sulla vetta del K2 o dell’Everest ma immagina di essere sulla vetta e poi torna indietro fissando delle tappe a ritroso che gli hanno permesso di arrivare lì.
Questa è la dimensione immaginativa che ci può essere utile: sembra banale ma non è per nulla facile ed allenarsi a questo è un po’ entrare nel “nel far finta” di vivere una nuova realtà che noi vivremo e quindi è
molto utile.

Lodovico

Beh, questo è un suggerimento sicuramente interessante. Per concludere
hai qualcos’altro da suggerire alle persone da fare in questo momento da un punto di vista “mindset”?

Giuseppe

Vorrei tornare al titolo che abbiamo dato a questo nostro incontro, caro Lodovico: “Return to play”. Quando un atleta della Juventus, per esempio, torna in campo non è subito pronto per performare al suo meglio ma vivrà uno stato di ambivalenza cioè sarà un po’ nella condizione cosiddetta di protezione di sé stesso per la paura di incorrere nuovamente in quel tipo di infortunio e dall’altra parte a volte invece tenderà ad attivare tutti i suoi punti di forza.
All’inizio, quando si rientra in campo, c’è una normale oscillazione tra
protezione ed espressione migliore di sé stessi.
Prepariamoci a questo, prepariamoci al fatto che non ci sentiremo subito
forti ma è giusto vivere questo stato con consapevolezza in modo da rendere più consistente la direzione che vogliamo seguire. Quindi non illudiamoci di ritornare come prima ma questa oscillazione ci darà la direzione da seguire, ognuno secondo le proprie caratteristiche.

Lodovico

Ecco, tu senti e frequenti molti campioni sia olimpionici, eccetera. Che tipo di reazioni hanno o se hai qualche curiosità da raccontarci, suggerimento che hai loro dato. Quali sono le domande che ti arrivano più frequentemente dal campione?

Giuseppe

Devo dire che in questo caso siamo tutti uguali e non c’è il campione o dilettante, ci sono le normali paure anche dal punto di vista economico. C’è la mancanza di una routine e quindi l’unico suggerimento in modo trasversale che posso dare è quello veramente di riuscire a vivere il tempo presente con intensità e con consapevolezza.
È proprio un momento in cui noi possiamo riconnettere corpo e mente e questa è una grandissima qualità che dobbiamo sempre avere a disposizione.

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