Dagli esordi a oggi il modello e-commerce si è notevolmente evoluto e trasformato nel tempo, diventando un fenomeno di massa anche in quei paesi, come l’Italia, tradizionalmente meno ricettivi e rapidi nel far proprie le novità del mercato; i dati più recenti del Consorzio Netcomm mostrano chiaramente come, anche nel nostro Paese, gli acquisti su Internet supereranno nel 2015 i 15 miliardi di euro con un incremento stimato del 15%.
Un fenomeno, dunque, in forte espansione, spinto dalla necessità e dalla volontà degli utenti di risparmiare rispetto ai negozi tradizionali e trovare offerte imperdibili: eppure il prezzo e i sistemi di pagamento online non sembrano più essere l’unico parametro rilevante per il consumatore. Lo dimostra il successo ottenuto da tutti quegli store online ormai in pianta stabile fra i preferiti nei browser degli Internauti. Sono a tutti gli effetti negozi di fiducia, proprio come nella migliore tradizione offline, tappe obbligate per lo shopping digitale.
Esemplare è il caso di Zalando. Come spiega Giuseppe Tamola, Country Manager Italia di Zalando, “hai successo se il tuo cliente ritorna. Ma perché questo accada deve essere soddisfatto a 360 gradi. Tutta l’esperienza d’acquisto, dalla ricerca alla consegna, deve essere perfetta“.
Nata nel 2008 per volontà di due imprenditori tedeschi, Robert Gentz e David Schneider, Zalando rappresenta uno dei casi di successo più eclatanti del panorama ecommerce mondiale. In poco più di sette anni l’azienda tedesca è riuscita a diventare uno dei punti di riferimento del fashion sul Web: più di 1500 i brand della moda distribuiti e cifre di vendita da capogiro. Gli ultimi rilevamenti, datati fine 2014, parlano 2.2 miliardi di euro di fatturato, pari a un +22% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
“Questi numeri”, ci spiega Tamola, “sono frutto perlopiù dell’attenzione maniacale con cui Zalando cura tutti gli aspetti della customer satisfaction. Il mondo del fashion vive sull’incontro di due forze praticamente opposte, l’individualizzazione e l’omologazione: lo stesso consumatore che vuole un determinato capo perché l’ha visto addosso a qualcun altro non lo vuole più se lo vede indossato da troppe persone. Dal canto nostro dobbiamo essere pronti a recepire ogni tendenza: dietro due proposte diverse non ci sono necessariamente due individui diversi ma due attività d’acquisto differenti”.
Si spiega così la decisione di scalare la piattaforma in base a tre modalità di shopping: si va dalla collezione aggiornata a prezzo pieno all’outlet, fino al cosiddetto “curated shopping”, l’acquisto guidato da esperti del settore. “Il brand rimane lo stesso, ma l’esperienza d’acquisto varia: c’è chi vuole l’intero catalogo a prezzo pieno, chi preferisce il modello più datato a prezzo scontato, chi vuole un’esperienza guidata da un personal stylist pronto a offrire suggerimenti mirati e personalizzati. Vogliamo far sì che la piattaforma si plasmi sull’utente: sappiamo cosa vuole, quali sono gli articoli su cui ritorna, sappiamo persino dove punta il suo mouse all’interno della schermata. Possiamo costruire un’esperienza d’uso praticamente sartoriale”. E insieme alle collezioni, anche il sito si rinnova con un’estrema flessibilità: “disponiamo ora di circa un migliaio fra sviluppatori e ingegneri pronti a recepire le nuove iniziative. Poter contare su un team così ampio ci permette di aggiornare la piattaforma una volta alla settimana, aggiungendo di volta in volta tasselli in grado di migliorare l’esperienza d’acquisto“.
Molto importante anche la cura dell’aspetto mobile del servizio. Anche in questo caso i numeri sono più efficaci di qualsiasi parola: in quattro anni, dal 2011 ad oggi, le visite da dispositivi mobili sono passati dal 2-3% del totale a più del 60%. Più di un accesso su due, in pratica, arriva da telefonino o tablet e questo è un aspetto che ridefinisce ogni consulenza ecommerce. “Abbiamo deciso di ricalibrare tutta la nostra strategia intorno alle applicazioni mobili”, sottolinea Tamola aggiungendo: “Quando pensiamo a una nuova campagna, partiamo innanzitutto dall’app ecommerce per poi arrivare al desktop. Non è solo un discorso di portabilità dei contenuti, il vantaggio sta soprattutto nella possibilità di sfruttare funzionalità non disponibili nel mondo fisso”.